Le cardiopatie congenite rappresentano anomalie della struttura o della funzione cardiocircolatoria presenti alla nascita. Si stima che circa 8 bambini su 1000 nascono con una anomalia cardiaca, di questi il 40% non arriverebbe ad un anno di vita se non sottoposto a correzione chirurgica. Secondo tali stime epidemiologiche in Italia circa 5000 bambini ogni anno nascono con una cardiopatia. Nella tabella I si riportano i dati relativi alla incidenza delle singole cardiopatie congenite per 10.000 nati vivi.
L’eziologia delle malformazioni cardiache resta ancora poco conosciuta, tant’è che nel 70% dei casi si è costretti ad invocare una causa multifattoriale. In una minoranza di casi (10%) le cardiopatie congenite rappresentano un aspetto di una malattia più vasta, dovuta ad una alterazione dei cromosomi, che si stabilisce al momento del concepimento. L’alterazione cromosomica più comune è la sindrome di Down o trisomia 21 che colpisce circa 1/700 nati vivi: di questi circa il 45% ha una cardiopatia congenita rappresentata da difetti del canale atrioventricolare e del setto interventricolare. Nella trisomia 13 e nella trisomia 18 (caratterizzate di regola da una serie di gravi malformazioni) si osservano non raramente cardiopatie congenite (specialmente difetti settali). La sindrome di Turner (X0) è sovente associata a malformazioni cardiovascolari quali la coartazione aortica. In altri casi la causa della cardiopatia è l’esposizione dell’embrione umano ad un agente teratogeno. La rosolia sofferta dalla madre durante il primo trimestre di gravidanza è un teratogeno perchè in molti casi provoca una malformazione cardiovascolare del nascituro, comunemente associata a malformazioni di altri organi. Effetto teratogeno può esserci per l’assunzione esagerata di alcool da parte della madre, teratogeni possono essere alcuni farmaci assunti dalla madre (talidomide, litio, anticonvulsivanti), infezioni virali materne, esposizione della madre (e quindi del feto) a radiazioni o a particolari sostanze chimiche. Anche il diabete materno aumenta la possibilità di avere malformazioni cardiovascolari nel nascituro. Poiché la formazione del cuore si realizza nel primo trimestre della gravidanza, solo se l’esposizione fetale del teratogeno avviene in questa fase il feto potrà sviluppare una malformazione cardiaca. Nella grande maggioranza dei casi la cardiopatia si verifica per ragioni che non conosciamo e che non possiamo al momento verificare. Certamente i futuri sviluppi della genetica molecolare aiuteranno ad interpretare la patogenesi di molte malformazioni. L’uso di multivitaminici da partedella madre nel periodo periconcezionale può prevenire l’ insorgenza dei difetti del tratto di efflusso e dei difetti interventricolari in circa 1/4 dei casi. Se una coppia ha già avuto un bambino cardiopatico il rischio di averne altri aumenta: in generale, come abbiamo visto, il rischio di avere un figlio cardiopatico è minore di una su cento nascite, in una coppia invece che ha già un figlio cardiopatico il rischio può salire sino a tre su cento nascite. Il rischio di ricorrenza di cardiopatia è leggermente più elevato se il padre o soprattutto la madre sono portatori di una cardiopatia. La classificazione delle cardiopatie congenite è piuttosto difficile, per la difficoltà di catalogarle secondo schemi riassuntivi. Una classificazione molto seguita divide i difetti congeniti in: cardiopatie cianogene e cardiopatie non cianogene. Ciascun gruppo viene poi ulteriormente suddiviso in sottogruppi come descritto di seguito: